Il bello secondo Kant e secondo noi
Kant sostiene che il bello è ciò che si comunica universalmente. Se io ti dico: questo donna è bella. Anche se tu non la ritieni il tuo ideale di donna ma in lei ci sono delle caratteristiche che non ti infastidiscono, tu la giudichi bella come la giudico io. Kant, nella sua genialità, ha proposto l’universale negativo: basta che non nuoccia al senso estetico ossia che non infastidisca lo sguardo e si giudica bello anche se proprio non ci esalta, non eccita la nostra libido. Il bello è comunicabile socialmente, mi spiego: in una società che si evolve ci sono delle connotazioni di bello in cui tutti ci ritroviamo e che valgono per tutti noi. Per es. tutti giudichiamo bella Elisabetta Canalis così come Cristina Chiabotto, due icone diverse fra loro ma che incarnano la bellezza ai giorni nostri. Noi però, credo, abbiamo subito un mutamento nel nostro provar piacere di fronte al bello, ci piacciono cose nuove, diverse rispetto ai nostri antenati. Ci piace il trash. Siamo capaci di giudicare bello, ossia che non ci infastidisce, “L’isola dei Famosi” e “La talpa”, nonostante possiamo essere in disaccordo sul fatto che siano belle trasmissioni ossia ben fatte, piacevoli da guardare. Non ci infastidiscono e le guardiamo . ma questo basta per dire che sono belle? Indagando Kant mi sovviene alla mente il fatto che lui giudicasse bello anche qualcosa che è in armonia con il buono che troviamo in noi. Ma siccome in noi di buono c’è gran poco oramai, ci troviamo in armonia con il trash.
blog di didattica aperta a commenti con temi della filosofia, dell'arte, e della storia e della moda come costume e filosofia
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sabato 11 ottobre 2008
giovedì 27 settembre 2007
Il "bello" della televisione
Apriamo la televisione, volutamente uso il lessico americano perché è un mondo che viene a noi e cerchiamo qualcosa da guardare che ci piaccia. Gli addetti ai lavori fino a qualche decennio fà si preoccupavano di fare bella televisione e qualcuno ci crede ancora ma l'imperativo oggi è fare audience per sopravvivere. Quindi se noi siamo alla ricerca di un "bel" programma possiamo anche chiudere il mondo on tv perché i bei programmi, quelli per cui tutti siamo d'accordo nel dire: "oh, mi è davvero piaciuto, me lo sono goduto." non esistono più. Perché allora guardiamo prodotti televisivi che siamo in grado di giudicare mediocri se non trash? Cosa ci spinge a curiosare nella vita degli altri proiettata in video? Non certo il nostro senso estetico, quei programmi non ci piacciono, non li giudichiamo belli o piacevoli. Forse interessanti, coinvolgenti ma non belli. Non ci fermiamo a contemplare, ad assaporare quanto viene prodotto però li guardiamo. Perché restiamo fissi a seguire una storia strappalacrime sapendo che forse è una montatura o l'ultimo omicidio che diventa fenomeno mediatico a discapito delle vittime? Più che il piacere (tutto kantiano) nel guardare abbiamo bisogno freudianamente di proiettare le nostre disgrazie su quelle degli altri. Pensando che qualcuno sta peggio di noi, ci consoliamo: mal comune, mezzo gaudio. Guardando qualcuno che piange ci commuoviamo. Aveva ragion il buon vecchio Aristotele: la catarsi avviene sulle disgrazie altrui perché il peso di esse non ci appartiene, ne possiamo godere privandocene e sapendo che è finzione o che è di altri.
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