giovedì 13 dicembre 2007

Un' esistenza triste

Uno degli aforismi più famosi di Schopenhauer ricorda che la nostra esistenza è irrimediabilmente triste. Noi siamo un pendolo che oscilla tra la noia e il dolore. Oggi potremmo attualizzare il pensiero dell'autore e, applicandolo alla blogosfera, scrivere più o meno così: noi blogger sappiamo scrivere o post tristi o post noiosi, altro non c'è. Basta farsi un giro in alcune community per capire quanta tristezza caratterizza i post più apprezzati e quanta noia c'è in altri post. Se si parla di felicità lo si fa in chiave esortatrice, evocandola, ed essa appare effimera in qualche riga in una giornata particolarmente buona per chi scrive. La nostra è una vita disgraziata. Bisognerebbe forse pensare ciò che sostiene Mario Guarna, presidente dell'associazione confilosofare, ossia essere consapevoli della finitudine della nostra esistenza ed essere in grado di assumere tale consapevolezza come guida del nostro esistere ricercando ciò che in esco vi è di buono. Una sorta di cura del sé consapevole alla Montaigne. Risultato? Sei tendenzialmente sfigato ma siine consapvole per non piangerti addosso inutilmente e cerca fra le pagine della sfortuna qualche momento di gioia perché a cercar bene esso c'è . E allora buona caccia al tesoro!

domenica 9 dicembre 2007

Il sublime, l'illusione e l'arte

Secondo l'interpretazione di Diego Fusaro per Nietzsche il sublime artistico nel senso kantiano è soggiogamento artistico dell'atroce e si lega al ridicolo che è scaricarsi artistico del disgusto (cioè io sublimo il disgusto e lo faccio divenire arte. Ciò che trovo grottesco nel reale, lo trasformo in espressione artistica e nello stesso tempo poetica e ridicola. Un esempio sublime, parafrasando, di unione di grottesco, ridicolo e atroce si trova ne "La vita è bella" di Roberto Benigni. Il tema della favola là si intreccia con la tragedia e con il gioco che diventa realtà solo alla fine del film, anche se reale e favola sono mischiati fin dall'inizio della narrazione.
Solo la favola intesa come arte per Nietzsche permette di rappresentare il lato tragico, dionisiaco e quindi allegro e orribile della vita.
L'attore può' essere inteso come uomo dionisiaco che cerca il sublime e cerca il riso. Non cerca però necessariamente la verità ma il suo lavoro è un misto fra verità e bellezza (voglio che sia bello e voglio far ridere). Quindi egli cerca la verisimiglianza come diceva Aristotele. Rimane quindi legato a quel concetto di verità come illusione nell'arte proposto proprio nel lavoro di Nietzsche.