giovedì 22 novembre 2007

La democrazia è omologazione?

Siamo tutti Uguali! principio cardine della Democrazia. Bisogna però aggiungere tutti uguali nelle nostre libertà. Uguali non basta, bisogna anche essere liberi. La democrazia senza la libertà è omologazione, sfocia in forme negative di gestione dell'eguale. Vi faccio due esempi: la rivoluzione francese e i ghetti ebrei della seconda guerra mondiale. Durante la rivoluzione francese il principio dell'uguaglianza è applicato nella politica di Robespierre che però sfocia nel terrore: siamo tutti uguali, se non rispetti tale uguaglianza, se non ti omologhi, ti aspetta la ghigliottina. I non uguali, i dissidenti venivano fisicamente eliminati. Nel ghetto si diceva: si è tutti uguali di fronte al nuovo nemico nazista. Intellettuali e manuali, sacerdoti e laici, tutti uguali, tutti umili, tutti umiliati e omologati, ridotti a numeri e figure con la stella gialla, senza nome. La libertà assoluta è un'utopia ed è impossibile perché si limita scontrandosi con quella altrui, ma anche l'uguaglianza assoluta è altrettanto privativa: toglie un diritto alla persona: l'affermazione del nella sua semplice espressione.

domenica 18 novembre 2007

Esiste ancora l'a-priori?

L'a-priori trova il suo fondamento in Cartesio che con il suo cogito ha posto le basi per l'autonomia gnoseologica della ragione. Può la ragione da sola arrivare a un qualche conoscenza che sia chiara e distinta? Sì, risponde Cartesio: il cogito ergo sum.
Sviluppato nelle sue caratteristiche formali l'a priori trova spazio nella filosofia kantiana che ne fa la base della conoscenza che ha per forma appunto le forme dello spazio e del tempo a priori (cioè che sono universali e necessarie) e le categorie che Kant chiama concetti puri a priori e come contenuto la materia (l'esperienza).
Hegel ha assolutizzato l'a-priori sostenendo che la ragione è in grado di comprendere ogni realtà e con il concetto dell'assoluto di conoscere appunto l'assoluto nella sua purezza almeno nella logica. (ha bisogno poi della storia per vederlo realizzato e quindi conosciuto appieno).
Nietzsche distrugge completamente l' a-priori; l'aveva già affossato in parte Schopenhauer dicendo che le conoscenze basate sull'a-priori sono solo un mondo rappresentato dal soggetto e non la vera realtà che per lui è la cieca volontà irrazionale che agisce come le pare. Per Nietzsche è possibile conoscere qualcosa? Credo che per Nietzsche conoscere sia dare un'interpretazione a ciò che si esperisce a livello teoretico ed esistenziale attraverso un'interpretazione lirica o corporea che viene dal sè (uso un termine tecnico, di cui le idee sono una prospettiva). Lirica vuol dire basata sull'uso poliedrico del linguaggio, sulla metafora, sulla poesia. In Nietzsche non c'è un a-priori, non ci sono canoni prestabiliti che garantiscono una verità più giusta. Nietzsche ha l'esigenza di distruggere e lascia aperto al singolo lo spazio per creare. Da lui in poi nulla sarà più certo e tutto sarà messo in discussione a partire proprio dall'a-priori che sarà diverso da filosofo a filosofo e che forse non esiste più, non è più chiaramente definibile (in senso univoco). La sua filosofia dell'interpretare sarà poi sviluppata dall'ermeneutica che banalmente vuole dire appunto interpretazione.
Per rispondere alla questione in termini contemporanei:
L'a-priori è una convenzione come lo è il o l'es. Bisogna accordarci su cosa ci pare più efficace. Forme logiche o linguistiche che si utilizzano per comprendere l'oggetto.

lunedì 12 novembre 2007

La metafora del gusto

Che Nietzsche fosse un precursore dei tempi odierni si era capito da parecchio ma leggete qua:"E voi dite, amici, che non si ha da discutere sul gusto e sul sapore? Ma tutta la vita è una disputa sul gusto e sul sapore!". Che vorrà dire in questo breve passo il nostro autore? Come se misurassimo la nostra esistenza in base al gusto e al sapore! Al di là della metafora che significa? Che noi respingiamo ciò che troviamo disgustoso e assimilammo ciò che invece troviamo piacevole. In cucina come nella vita noi usiamo tale misura. Rifuggiamo la sofferenza e apprezziamo il piacere. Ma non bisogna fraintendere Nietzsche. Ciò non significa scappare di fronte alle nostre responsabilità a codardamente scappare di fronte alla fatica o al dolore. Ma essere in grado, grazie alla volontà di potenza, di respingere ciò che nuoce. Ma se non si riesce? Mi chiederete. Perché fattori esterni erano imprevedibili? Il dioniso ci ha messo lo zampino e allora la stessa volontà di potenza ci indurrà ad accettare la tragedia. Come dire: mi disgusta ma ci troverò del buono da qualche parte. Cercate uomini.....

lunedì 5 novembre 2007

Non sono come loro!

"Non sono come loro ma posso fare finta." Il rifiuto dell'omologazione diremmo noi oggi. Anche Nietzsche non sopportava l'uomo comune, patetico e compassionevole solo per non sentirsi meno degli altri o anzi perché come gli altri meglio. Accettare il dolore è per i forti, è per chi medita su di e sul mondo e non per chi non è abituato a riflettere su nulla e aspetta il pacchetto confezionato da qualcuno che ha pensato al suo posto, togliendogli la fatica certo, ma anche il godimento della fatica data dalla riflessione autonoma e pura. Il rifiuto di interpretazioni preconfezionate, metafisiche per Nietzsche e freudiane o pseudo freudiane per Cobain e il tentativo puro di leggere se stessi e con se stessi il mondo. Questo è ciò che ci hanno lasciato ed è una grande ricchezza.

domenica 4 novembre 2007

Continua la simbiosi

ora vi svelo l'autore. E' K. Cobain che ha scritto il passo nel post precedente e sue sono queste parole:"..i dotati, coloro che sono ovviamente superiori, hanno non solo il controllo dei propri studi, ma un piccolo dono speciale in più alla nascita, animato dalla passione (questo dono potrebbe essere paragonato alla Volontà di potenza di Nietzsche che spinge a creare e a fornire senso alla vita). Un 'energia innata, totalmente spirituale (ecco, qui c'è una differenza, Nietzsche la rende corporea e non spirituale, per lui è pura energia fisica di cui la mente è solo uno strumento di consapevolezza).... Non fidatevi dei sistematizzatori. Niente può essere valutato secondo una logica totale o scienza. (Il dietromondo della metafisica viene negato anche dall'ignorante ma intelligente Kurt Cobain, Nietzsche lo avrebbe senza dubbio abbracciato). Nessuno è speciale abbastanza da avere risposte a tutto ciò (il vero saggio per Nietzsche o il profeta è colui che accetta l'infinitudine del reale e che ne afferra solo una porzione nell'arte.)".

giovedì 1 novembre 2007

Friedrich Cobain

Accoppiata audace? Per molti apparirà tale ma per me no. La stessa impressione sul mondo e la stessa smania di fare, di creare, di dire e di dare. Ma a volte persino gli stessi pensieri. Proviamo a fare un gioco, scriviamo una frase e poi decidiamo se attribuirla a Cobain o a Nietzsche. Eccola: "Il nichilismo è un'ottima base su cui costruire una fondazione di ideali ma non fateci entrare le termiti." Capire chi dei due è l'autore non è facile almeno ad una prima lettura, perché vi è lo stesso intento: il creare dal nulla. Vi è anche lo stesso uso di metafore zoologiche, spesso liriche e per lo più incomprensibili. Ma continuiamo nell'analisi e vi troviamo altre assonanze: il desiderio smodato di dare al mondo se stessi con tutta la passione che questo comporta. Una differenza: Nietzsche ha sopportato meglio il dolore!

domenica 28 ottobre 2007

Il corpo ha vinto

"il corpo è una grande ragione più grande di ogni ragionevole ragione, di ogni coscienza o io o spirito, ma anche di ogni istinto o sentire o volere.....Questo senso superiore è il corpo: un'unità intuibile forse soltanto in quel che abita il corpo e che è e diviene il corpo...
Ma il risvegliato, il sapiente dice: corpo io sono in tutto e per tutto, e nulla al di fuori di questo; e anima è solo una parola per un qualcosa presso il corpo." (VI I 35) fr. postumo

Cosa è immediatamente evidente da questi frammento? Scompare il tema dell'io come ragione e come anima intesa come soggetto (di cartesiana memoria) e parte essenziale dell'io. La parte essenziale dell'io non è più l'anima per Nietzsche ma è il corpo. Il corpo sente, soffre, vive e la ragione è ridotta a mero strumento del corpo, è un giocattolo, scrive Nietzsche della grande ragione che è il corpo. E' come se la ragione fosse piegata alle esigenze del corpo e le sue azioni fossero guidate da esso. Quando soffri, ragioni in un determinato modo, quando stai bene in un altro. Non è la ragione che controlla il corpo ma il corpo che gestisce i ragionamenti, li guida, li modifica. Il sentire tragico della vita è percepito per primo con il corpo attraverso la musica per esempio, è viscerale e poi viene elaborato dalla ragione.
Ho sentito in questi giorni la biografia di Kurt Cobain dei Nirvana che esprimeva bene questo concetto. La tragicità del vivere, la sofferenza dell’essere qui ed ora e o meglio nel suo caso l’insofferenza di accettare una vita dentro gli schemi sociali era sentita dapprima con il suo corpo ed espressa nella sua musica e solo in seguito filtrata dalla ragione ed espressa per esempio nei testi delle sue canzoni. Uccidere il suo corpo era per lui una via d’uscita a questa forza accecante che il corpo ha di sopraffare con un dolore continuo e lancinante che lui sentiva e così è morto. Il corpo ha vinto.